Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio.
L’evangelista Matteo riferisce che un giorno un gruppo di Erodiani e di farisei, si coalizzarono contro Gesù per vedere come coglierlo in fallo nei suoi discorsi.
I farisei e gli erodiani hanno una precisa domanda da porre a Gesù: è lecito o no pagare il tributo a Cesare? E’ chiaramente una domanda trabocchetto. A quel tempo Roma occupava pesantemente la Giudea ed uno dei segni più odiosi era il tributo da pagare a Cesare: si trattava di un denaro a testa che tutti dovevano versare nelle casse dell’impero, tranne i vecchi e i bambini. Ciò portava a sommesse ribellioni. Ancor più ciò che irritava i giudei era il fatto che sulla moneta era raffigurata l’immagine di Cesare ed il primo comandamento proibiva di fare immagini di qualsiasi persona. La domanda posta a Gesù non era quindi semplice, nella doppiezza degli interlocutori poteva far cadere Gesù o nella condanna da parte dell’autorità romana oppure nello sfavore del popolo.
Gesù risponde: Ipocriti perchè volete mettermi alla prova? Mostratemi la moneta del tributo. Alla vita della moneta usata Gesù risponde: rendete a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio!
Gesù quindi non invita a ribellarsi ai Romani. Assolutamente no! Egli afferma semplicemente che occorre rendere a Cesare ciò che egli ha diritto di esigere: la tassa. Poi aggiunge, senza che la domanda postagli lo richieda: Rendete dunque a Dio quello che è di Dio! Ovvero, di fronte a Cesare, ossia di fronte allo Stato, c’è un ordine più alto, quello di Dio cui occorre rendere ciò che gli appartiene, cioè tutto: a Dio bisogna offrire tutta la propria persona e metterlo al centro della vita degli uomini.
Dio deve avere il suo spazio ben preciso nella nostra vita, ed è lui che lo stabilisce: inutile dire che non si tratta di uno spazio qualsiasi. Il suo è uno spazio ben preciso, ed è al centro della nostra anima e del nostro vivere. Se togliamo Dio dalla nostra vita siamo dei falliti, dei perdenti. ( Emilia )