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Missione in Sierra Leone

Michele Sandonà ci racconta della sua intensa e straordinaria ” vacanza alternativa ” in Sierra Leone.

Quando si pensa all’Africa, si immaginano il sole cocente, la savana sconfinata e gli animali selvaggi. Ma la Sierra Leone è diversa. Qui ha piovuto ogni giorno, e gli unici “animali feroci” che ho incontrato sono stati i gechi. Al posto della savana, mi sono ritrovato immerso nella foresta pluviale, circondato da una natura rigogliosa e incontaminata. 

La Sierra Leone

La mia esperienza si è svolta proprio in Sierra Leone, un paese nell’africa occidentale a sud della Guinea. Più precisamente a Bo, la seconda città più grande della Sierra Leone, con ben 300.000 abitanti. 

La Sierra Leone affaccia sull’Oceano Atlantico. Freetown, la capitale, è un importante porto naturale con una storia profonda legata al commercio degli schiavi. Sebbene la Sierra Leone sia ricca di risorse naturali come diamanti, oro e bauxite, è anche uno dei paesi più poveri del mondo, con infrastrutture molto limitate e molti problemi. 

La Routine

Le giornate iniziavano con la sveglia alle 6:30; messa, colazione e poi ci dirigevamo al summer camp, dove passavamo la mattinata con circa 500 ragazzi. Loro seguivano le lezioni, mentre noi volontari aiutavamo gli insegnanti o stavamo in classe, facendo un po’ da supporto e un po’ da presenza.

Dopo la scuola, i ragazzi partecipavano a diverse attività, chiamate “skills”, come cucina, arte, musica e altre cose creative. Nel pomeriggio, ognuna delle 4 squadre rappresentava una delle quattro tribù principali della Sierra Leone: Mendi, Krio, Limba (la mia squadra) e Timne. Poi si passava ai giochi, sempre divisi in squadre, e alla fine dei giochi si annunciava la squadra vincitrice e si tornava a casa. A volte portavamo con noi un sacco di persone nel retro del pickup – una volta siamo stati in 23 su una sola macchina! Le serate le passavamo tra di noi, cinque volontari e due preti, cantando, suonando o giocando a Monopoly Deal.

Le differenze con l’Italia

Questa missione mi ha fatto toccare con mano la povertà e le difficoltà quotidiane della Sierra Leone, che sono molto diverse da quelle a cui siamo abituati in Italia. Lì l’acqua calda semplicemente non esiste, e l’elettricità salta spesso, lasciandoci al buio per ore prima che tornasse la corrente. Abbiamo anche beccato la stagione delle piogge, con temporali che si abbattevano ogni giorno. A volte, ci siamo trovati a fare vere e proprie docce sotto l’acqua piovana, perché la pioggia aveva un getto migliore della doccia, in cui l’acqua usciva molto piano.

La vita lì è completamente diversa da quella a cui siamo abituati. Le differenze si notano in ogni piccolo dettaglio: quello che per noi è normale, lì è un lusso. Nonostante queste difficoltà, la gente di Bo trova sempre un modo per andare avanti, con una forza e una resilienza che mi hanno davvero colpito. La vita li è molto più dura, e non sono rare le volte in cui, parlando con le persone del posto, mi hanno detto che vorrebbero venire in Italia anche loro, o andare in America o da qualche altra parte.

Lo stipendio medio è di 1500 leoni ( circa 60 euro), il problema è che le cose costano tantissimo. Una pagnotta costa 5 leoni, delle scarpe possono costare 400 leoni, e le cose che non sono essenziali per la sopravvivenza hanno prezzi maggiori dei nostri (un barattolo di “nutella” costa 200 leoni, 4 euro nostri).

Nonostante tutto, i bambini rimangono sempre bambini: si stupiscono di fronte a qualsiasi cosa, ti accolgono con meraviglia e ti chiedono perché i tuoi capelli sono biondi o la tua pelle è bianca. Si aggrappano a te e non ti mollano più. Possono giocare per ore con lo stesso gioco senza mai stancarsi e hanno sempre un sorriso da regalarti.

Conclusione
Ogni giorno lì era una scoperta, piena di sfide e momenti intensi. Vedere la povertà e le difficoltà quotidiane mi ha fatto capire quanto siamo fortunati e quanto poco ci serve per essere felici.

I sorrisi dei bambini e la loro curiosità infinita sono stati un vero faro di luce. Anche senza acqua calda e con l’elettricità che saltava continuamente, questi piccoli momenti di gioia mi hanno insegnato che la vera ricchezza non è nelle cose materiali, ma nelle ” connessioni ” umane e nella bellezza che troviamo anche nelle situazioni più difficili.

Lasciare tutti li sapendo che probabilmente non li rivedrò mai più non è stato facile, ma so che porterò con me tutto ciò che ho imparato e vissuto. I volti di quei bambini e la resilienza della gente di Bo resteranno sempre nel mio cuore. ( Michele Sandonà )