Il vangelo di questa domenica, che racconta il miracolo del cieco dalla nascita, si apre e si chiude con la stessa parola: peccato. Per i farisei il peccato era una ossessione. La loro era una religione ridotta a questioni di peccato! Ma Gesù sbarazza subito il campo: nè lui, nè il suoi genitori! Come a dire non inaridite la fede, non impoveritela in una questione di peccati. Quando Gesù passa vicino a uno zoppo o a una donna senza moralità, ad un muto o a un cieco, non si pone mai il problema se sono in grazia di Dio, se sono in peccato. Gesù non si chiede se io ho peccato o no, se la mia vita è giusta, se sono buono o cattivo. Gesù mi guarda, vede il mio buio e mi aiuta, guarda la persona che potrei essere, in positivo, anche se non lo sono ancora perchè vuole che la vita, la libertà e la gioia esplodano in me. Possiamo concentrare la nostra attenzione su ciò che possiamo sviluppare, avremo di noi una immagine positiva e accettabile. Questo è ancor più significativo a riguardo delle persone che ci circondano: quando guardiamo una persona, mettiamo in luce le sue cose belle, le sue capacità. Si sentirà amata, valorizzata e ne svilupperà altre. Come quando si andava a scuola e in pagella avevamo tutti bei voti, tranne uno magari ma i nostri genitori si focalizzavano solo su quello, senza notare gli altri: non riuscivamo ad essere felici e ci sentivamo sbagliati. Eppure c’era così tanto che andava bene! E’ il positivo, la fiducia che fa cambiare le persone e non il giudizio, l’accusa o il peccato. ( Dorianna )